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Sostenibilità: l’innovazione che va di moda

Sostenibilità: l’innovazione che va di moda

Un’arancia trasformata in maglietta, un’ananas che diventa giacca, un fungo come borsa; la domanda di sostenibilità ha scatenato straordinarie collaborazioni tra moda e scienza. È, forse, la più grande sfida che si trova ad affrontare oggi uno dei settori più inquinanti in assoluto. Infatti, il modo in cui i tessuti vengono realizzati e trattati ha un impatto considerevole sia sulla salute delle persone che lavorano negli impianti, sia nell’ambiente circostante.

Che cosa possiamo fare? Il primo rimedio è sicuramente ridurre i consumi, visto che la richiesta di indumenti è pari a 80 miliardi l’anno. Infatti, in molti sostengono che sia il reselling il business del momento. Le app dove è possibile comprare e vendere vestiti usati si sono moltiplicate negli ultimi mesi. Ma si può fare attenzione anche alle etichette e vedere le composizioni degli abiti che acquistiamo. Di fronte a una maggiore consapevolezza ambientale, i brand che stanno investendo in ricerca e sviluppo non sono pochi e si va dal lusso alla fast fashion.

Sostenibilità: l’innovazione che va di moda

In Sicilia nel 2014 è nata Orange Fiber, la prima azienda tessile al mondo che ha brevettato un processo attraverso il quale viene estratta cellulosa dai sottoprodotti dell’industria di trasformazione degli agrumi, ossia dagli scarti della produzione dei succhi che equivalgono a circa il 60% del frutto. Vanta collaborazioni importanti come Ferragamo, H&M e Lanzel, multinazionale austriaca leader nel settore tessile, che ha sua volta brevettato altre fibre sostenibili come Ecovero, alternativa sostenibile alla viscosa.

La viscosa è una delle fibre tessili più utilizzate, si piazza terza nella classifica globale. Pur essendo di origine vegetale – è ricavata da alberi come l’eucalipto, il faggio o il pino –, la domanda crescente ha fatto sì che nel ciclo di produzione venissero introdotte sostanze altamente tossiche, come il solfuro di carbonio. Ecovero è sempre estratta dal legno, ma nel processo di produzione Lenzel è riuscita a diminuire le emissioni di CO2 e l’utilizzo dell’acqua, mentre quella impiegata viene pulita e immessa nuovamente nella natura.

Rimanendo nell’ambito delle fibre di origine vegetale, impossibile non citare Mylo, il grandioso progetto che punta a dare un’alternativa “reale” all’utilizzo della pelle e finanziato da Adidas, Kering, Lululemon e Stella McCartney. Mylo è un tessuto ricavato dal micelio, il corpo vero e proprio del fungo, il suo apparato vegetativo, che si trova solitamente al suo interno o adeso al terreno.

Questa tecnologia è stata sviluppata e brevettata nel 2018 da Bolt Threads, un’azienda americana fondata da un bioingegnere, un biofisico e un biochimico con l’obiettivo di creare nuovi materiali attraverso la biotecnologia. Tra le loro creazioni c’è anche la fibra Microsilk, realizzata attraverso lo studio delle proteine che compongono le ragnatele prodotte dai ragni. Sia Microsilk che Mylo sono state protagoniste di collezioni firmate da Stella McCartney e nel 2021 anche Adidas ha rivisitato lo storico modello “Stan Smith” utilizzando questa pelle vegetale.

Sostenibilità: l’innovazione che va di moda

Altra alternativa alla pelle è Piñatex, creata dall’esperta di moda Carmen Hijosa. Questa fibra tessile di origine vegetale è ricavata dalle foglie dell’ananas che vengono scartate durante i raccolti. Le fibre vengono estratte utilizzando macchine semiautomatiche, lavate e asciugate naturalmente al sole o all’interno di forni. Vengono poi sottoposte a un processo di purificazione dal quale viene creato un materiale simile alla lanugine (PALF). Il PALF è poi mixato con un acido polilattico a base di mais per creare il Piñafelt, una maglia non intrecciata che costituisce la base del Piñatex. Questo tessuto è stato utilizzato da brand come Hugo Boss e H&M.

Dai raccolti di cereali, invece, nasce Sorona, sviluppato nei laboratori della multinazionale americana Dupont. Si tratta di un polimero creato attraverso il trattamento dello zucchero o glucosio. Invece che essere poi sottoposto a sintesi chimica, il glucosio viene arricchito da microorganismi che avviano un processo di fermentazione che produce il PDO (1,3-Propanediolo) in modo naturale. Al Bio-PDO viene poi aggiunto l’acido tereftalico per creare un legame molecolare che dà vita a Sorona.

Infine, parlando di sostenibilità, impossibile non affrontare la questione plastica e vogliamo citare, Ocean Plastic, un materiale creato dall’organizzazione newyorkese Parley For The Oceans. L’iniziativa nasce da una delle attività del gruppo che si occupa, insieme alle realtà locali, di rimuovere i rifiuti in plastica dalle coste e nei mari. Tra le collaborazioni più importanti c’è sicuramente quella con Adidas, presentata nel 2015 alle Nazioni Unite.

Sostenibilità: l’innovazione che va di moda

Queste sono solamente alcune delle iniziative in corso, ma il settore della moda è sicuramente uno di quelli che si sta muovendo più velocemente. Non si parla solo di tessuti, ma anche del packaging, per esempio. Molte sono le aziende che hanno adottato soluzioni riutilizzabili o originate da materiale riciclato. L’obiettivo è raggiungere l’impatto zero entro il 2050, come previsto dall’agenda stilata dalle Nazioni Unite. La strada da fare è ancora lunga e le opportunità per presentare le proprie soluzioni innovative sono decisamente molte.

 

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Pubblicato il 22/02/2022 alle ore 15:51 da Viviana Bianchi

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